di Mauro Chinappi e Silvio Arcangeli
foto di Pier Luigi Altieri (su Instagram: @pieraltieri)
Questo articolo fa parte del romanzo colettivo COVID-30. Leggi qui tutte le puntate.
29 Aprile 2030. Ore 20:30.
Era teso. Ormai erano un paio d’anni che non aveva un rapporto sessuale. E poi lui era uno vecchia scuola, uno di quelli che aveva costruito il suo immaginario pre-adolescenziale su giornaletti spizzati nei bagni di scuola, videocassette scambiate clandestinamente e film semi-censurati su Retecapri alle tre di notte. Internet arrivò a casa sua solo quando era quasi maggiorenne e a quel tempo, per sua fortuna, già non gli serviva più. Nel 2030 con i Sex Interaction Device, ormai universalmente conosciuti come “SID”, era tutto diverso. Questi apparati per rapporti sessuali a distanza lo avevano sempre turbato.
Non che ne criticasse le performance, per carità. Il livello era alto, professionale. D’altronde la tecnica è solo una questione di esperienza e gli algoritmi che ora assistevano gli utenti potevano vantare di aver accumulato più esperienza di qualunque donna o uomo, rendendo tutto molto più semplice. Gli facevano tornare in mente quel giorno di tanti anni fa, durante la sua adolescenza, quando suo padre tornò a casa con l’auto nuova, e tutto entusiasta gli disse “guidare col servosterzo è davvero una passeggiata, presto ci scorderemo di come si guidava senza”. Ecco, lui era uno di quelli cresciuti faticando ad ogni sterzata.
Il bonus di Marzo era stato ben speso. Il nuovo SID era degno della fama che lo precedeva. Sicuramente la versione Deluxe sarebbe stata più appropriata, ma la versione Deluxe era per tesserati. Comunque, la coppia della pubblicità appariva appagata. Chiariva con entusiasmo che uno dei punti di forza rispetto ai concorrenti fosse la capacità di trasmettere le sensazioni come se tutto fosse dal vivo. Inclusi gli intoppi, le goffaggini, le stonature e i fuori tempo.
Da qualche anno si portava il ritorno alle origini e la nostalgia per l’imperfezione del passato, almeno nella sua bolla social di ultracinquantenni, gente che da bambino aveva la TV a colori solo in salotto. Che i due giovani della pubblicità potessero subire il fascino dell’imperfezione, a Riccardo pareva poco probabile. Lui biondo. Lei mora. Fisici statuari. Sì e no vent'anni. Chissà se avevano mai fatto sesso dal vivo. Chissà se Giada92, canale TX-AY, aveva fatto sesso dal vivo di recente. Chissà se lui sarebbe stato all’altezza della situazione.
Se non altro, la tensione gli aveva reso meno deprimente la quarantena. Era stato il solito primo mese di reclusione. Nella prima settimana stampa e tv erano tutto un fiorire di paragoni con la COVID-27 e la COVID-22, ambedue stranamente sbocciate in primavera. Le spiagge deserte del 22, le curve di contagio del 27, gli andamenti di PIL e occupazione nel secondo e nel terzo trimestre, più tutto il repertorio di interviste agli esperti, esperti che, alla fin fine, dicevano sempre la stessa cosa: “è un ceppo nuovo, coi dati oggi a disposizione non siamo in grado di fare previsioni”. Risultato, tutti a casa. O almeno tutti quelli del programma WW. Anzi, per essere più precisi, a casa e al lavoro. Lavoro sicuro, protetto, stabile, ma pur sempre lavoro.
Lui era in fascia di rischio III. Aveva letto e riletto con attenzione tutte le libertà che aveva un fascia III in zona arancione. In sintesi: Stare a casa. “Nell’interesse della salute”. “Nell’interesse dei concittadini e delle concittadine”. Gli ricordava una vecchia canzone, “In the interest of humanity we've found a better place for you to go”. Genesis. Primo periodo, quello prog. Trama un po’ diversa: se non ricordava male, un restringimento dell’altezza della popolazione per far entrare più abitanti negli appartamenti da vendere. “It's said now that people will be shorter in height, they can fit twice as many in the same building site”. Un po’ troppo distopico.
Da dieci anni, invece, una parte della popolazione doveva restare a casuccia per evitare che il contagio si diffondesse. “Nell’interesse di tutte e tutti”. Negli stessi 10 anni, però, la restante (piccola) fetta della popolazione si godeva il Colosseo, la Cappella Sistina, il Moma, il Taj Mahal e la fioritura dei ciliegi nei giardini di Kyoto, senza folla e in sicurezza. Erano quelli che ce l’avevano fatta. Quelli in carriera. Quelli che avevano un lavoro ad alto valore aggiunto e la tessera per i varchi prioritari ai cancelli delle Aree Contenimento Contagio.
E pensare che lui, prima della COVID-19, pensava di essere uno di quelli che ce l’aveva fatta. D’altronde lavorava nel settore che avrebbe trainato il paese nel futuro: turismo e bellezza. Nel quattro stelle al centro di Roma si parlava di promuoverlo: gestione dei corsi di formazione per la catena di alberghi. E corsi significava viaggi, esperienze, gratificazione. Se lo meritava, aveva lavorato sodo: quattro lingue. Così bene da comprendere al primo ascolto i testi dei primi Genesis.
21:30. Calibrò le luci, ricontrollò la piega del collo della camicia, risistemò i capelli e diede un ultimo ritocco alla barba. Accese l’apparato SID. Gli toccarono due minuti di pubblicità all’avvio. Abbonamento standard. “Non lasciarti scappare il tuo nuovo mini-reddito, unisciti anche tu alla comunità dei trainer di Assisted Living di GoogleBook, il lavoro-non-lavoro più cool di tutte le piattaforme!”. Da un paio di settimane la sua bolla social non parlava d’altro. Bel diversivo. Ma lui era comunque vecchia scuola. Si accontentava del WW più qualche premio produzione. Non dava il suo corpo e la sua mente a quella gente per due soldi.
L’ologramma si compose davanti a lui. Pantaloni in pelle verde scuro. Maschera borchiata stile cat-woman, capelli lisci castano chiaro. Fisico snello (o tacco alto, ma che importava?). Giada92 portava bene i suoi anni. In mano un frustino. Di certo non sarebbe stata una serata noiosa.
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